(Continua dal post precedente)
Dai risultati degli esperimenti si possono trarre alcuni elementi rilevanti.
Si può assumere che la freccia sia uno degli elementi fondamentali con cui confrontarsi per progettare scrittura nello spazio, fa parte infatti del “limitato numero di simboli” con validità esterna all’artefatto ed è peraltro vocalizzabile in tempi paragonabili a quelli dei caratteri alfanumerici, come abbiamo visto.
Si è condotti a concentrare l’attenzione sul fatto che l’uso della freccia per indicare un “verso” è un fatto piuttosto recente (e quindi appreso?), ma probabilmente il segno è in qualche modo più coerente con l’azione di una parola composta di caratteri alfanumerici.
Nota: non ho trovato ad oggi esempi antecedenti, escluse le rose dei venti [erano poi frecce?] e gli gnomoni [a punta, ma non certo frecce], all’immagine della copertina interna (e della pagina 19 recto) di “A Prognostication Euerlastinge of Right Good Effect” (1596) dello scienziato inglese Leonard Digges (che si può trovare sul sito della Linda Hall Library of Science, Engineering and Technology) – ma mi piacerebbe essere smentito.
Tra i più affascinanti esempi che ho individuato c’è sicuramente la lettera di Galileo a Leonardo Donato del 1609, riportata in L’oggetto della raffigurazione di Giovanni Anceschi (figura 3a a pagina 124).
Delle due l’una: o è sorprendente il fatto che la freccia funzioni così bene, non ostante sia così recente, o lo è il fatto che non sia stata usata prima.
Di più antico ho trovato solo “fists” (mani con l’indice puntato, anche calligrafici) o altrimenti segni che indicavano sì la “direzione”, ma non il verso. In ogni caso la freccia non si afferma certo in modo diffuso e capillare se non nel novecento.
Di alternativo alla freccia, per indicare il verso, le orme degli Aztechi che significherebbero movimento, migrazione o una sequenza di eventi (ma a quando risalgono esattamente?).
Come indicatore di direzione in segnaletica, sembra che l’adozione sia ancora più recente, per cui la freccia sembrerebbe sia andata a sostituire i “fist” solo nel corso dell’ottocento (anche in questo caso mi piacerebbe essere smentito, perché cerco informazioni in questo senso da qualche tempo, discutendone anche con Leonardo Sonnoli, Giovanni Lussu e Giovanni Anceschi, e ho trovato ben poco di definitivo).
Alcune domande che lancio e a cui spero di avere risposta:
1) Non ho mai visto in nessun manoscritto di Leonardo da Vinci una freccia. Qualcuno mi sa dire se è vero o può verificare?
2) La presenza di una freccia in una xilografia pubblicata nel 1596 e un utilizzo così disinvolto e rivolto a un non scienziato della freccia nel 1609, ne farebbe presupporre un uso comune, d’altro canto la abbondante presenza di fist fino a poco prima fa supporre che l’introduzione sia avvenuta nel corso del cinquecento. Quando è stata introdotta effettivamente?
3) A quando risalgono esattamente le impronte azteche usate con lo scopo di indicare un verso (anche narrativo)?
4) Quali sono le modalità di indicare il verso (non semplicemente la direzione) in altre culture? Ricordo esempi interessanti in Siria riportati da Luigi Farrauto in cui le frecce erano integrate nelle scritte e le frecce cinesi con una sola “barba”.
5) Quando la freccia è stata introdotta in segnaletica?
Luciano Perondi
Intanto ho provato a chiedere al sapiente John F. Ptak.
Mi viene voglia di cercare tra i vecchi trattati d’ottica: per Euclide, raggi uscivano dagli occhi.
Perdonate la mancanza totale di rigore (non è da me!), ma per il piacere di seguire una curiosità, seguendo questa linea di pensiero, sono incappato in questa curiosa pagina:
http://www.pre-renaissance.com/scholars/ibn-al-haitham.html
Non l’ho letta, ho guardato le figure: antichi disegni da trattati d’ottica islamici, e soluzioni calligrafiche a tratti assomigliano (perdonatemi!) a frecce. Qui c’è una versione migliore della seconda immagine:
http://www.islamicspain.tv/Arts-and-Science/The-Culture-of-Al-Andalus/Physics-and-Optics.htm
Curiosa anche questa immagine:

che dicono tratta da una “early edition” di tal “Epistola de Magnete” di talaltro Pierre de Maricourt (il manoscritto dovrebbe essere del 1269, ma “ was first issued as a printed book in 1558”). Tutto da verificare…
Insomma, per dire: tema molto interessante! 🙂
Mi incuriosisce anche l’uso delle linee in questo disegno di Leonardo da Vinci:
e un altro arabo:
http://www.razorrobotics.com/knowledge/?title=Kamal_al-Din_al-Farisi
ma non sono frecce, certo…
Hm… in realtà, ora ho capito, il problema che poni è capire quando la linea comincia a indicare in quale dei due versi viene seguita.
John Ptak ha risposto: «The index finger as part of an entire hand is seen often, esp in early works (thru the Renaissaance and into the Baroque) but I must say that I’e not seen the arrow sign used in its place early, even in the 19th c. When looking at annotated works int he 19thc and earlier its mostly lines or dots or dashes and event he drawn finger/hand, but not arrows. Good question! I don’t have an answer, but I suspect that the use of the arrow is very (100-150 yrs?) recent».
Mi viene in mente un’altra domanda: quand’è che la freccia ha cominciato a essere introdotta nella notazione scientifica, per segnare vettori, linee di forza, relazioni? Ora è ubiqua, ma leggo per esempio in Cajori, “ A History of Mathematical Notations”, a proposito della notazione per il passaggio al limite, che:
“In England an arrow has been used in recent years in place of =. In 1905 J. G. Leathern;’ of St. John’s College, Cambridge, introduced —> to indicate continuous passage to a limit, and he suggested later (1912) that a dotted arrow might appropriately represent a saltatory approach to a limit.” The full arrow is meeting with general adoption nearly everywhere”.
E in questa pagina, “Earliest Uses of Symbols of Operation”:
http://jeff560.tripod.com/operation.html
gli esempi sono di nuovo novecenteschi.
A pagina 273 di questo corso di meccanica del 1839 ci sono degli esempi rozzi di frecce in questo ambito:
http://books.google.com/books?id=KYAEAAAAQAAJ&pg=273
mentre in un simile corso del 1895 ci sono frecce *ovunque*:
http://books.google.com/books?id=2Se69LSP1SwC
Niente frecce nel 1758:
http://books.google.com/books?id=Wx8OAAAAQAAJ&pg=PA36
neppure nel 1803:
http://books.google.com/books?id=zXhbAAAAQAAJ&pg=PA55
ma gran frecce già nel 1866:
http://books.google.com/books?id=jz4JAAAAIAAJ&pg=PA26
E sfogliando proprio velocemente Crowe, “A History of Vector Analysis”, e senza capire niente di quel che c’è dentro, mi pare comunque di ricavare il senso che il concetto di “vettore” (e dunque il concetto generale di linea con una direzione) emerga in matematica, dagli studi sui numeri complessi, nella prima metà dell’Ottocento.
Sentite qui:
«In the first paragraph of his memoir (1797) (Caspar) Wessel stated: “This present attempt deals with the question, how may we represent direction
analytically; that is, how shall we express right lines so that in a sin-
gle equation involving one unknown line and others known, both
the length and the direction of the unknown line may be ex-
pressed.” […]
After stating that previously only oppositely directed lines could
be represented analytically , Wessel suggested that it should be pos-
sible to find methods to represent inclined lines».
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