I Graphical Abstract (abstract grafici?) sono una sintesi espressa in forma visiva del contenuto di un articolo scientifico.
Non li ho mai incontrati in articoli scientifici nell’ambito delle scienze umane. Ho scoperto la loro importanza in ambiti come la biologia e la chimica grazie a Giorgio Napolitani, un ricercatore in immunologia dell’Università di Oxford, con cui parlavo del rapporto tra grafica e comunicazione scientifica.
Per avere un’idea di cosa siano è sufficiente leggere Cell, una rivista (“journal”) on line, molto prestigiosa, di biologia molecolare, biochimica, e discipline affini. Ce ne sono molti, basta cliccare sugli articoli; questo mi sembra tra i più riusciti.
I graphical abstract non sono da confondere con tavole e figure presenti all’interno degli articoli scientifici, come queste, sono un genere diverso con un obiettivo specifico:
“The graphical abstract is one single-panel image that is designed to give readers an immediate understanding of the take-home message of the paper. Its intent is to encourage browsing, promote interdisciplinary scholarship, and help readers quickly identify which papers are most relevant to their research interests” (Graphical Abstract Style Guide di Cell). Che traduco così: “Un’immagine organizzata all’interno di un solo riquadro, che dà al lettore un’immediata comprensione di qual è il messaggio importante, da ricordare (da portare a casa), dell’articolo. Il suo scopo è incoraggiare la consultazione rapida (incoraggiare a sfogliare, navigare), promuovere la cultura dell’interdisciplinarità, e aiutare i lettori a identificare rapidamente quali articoli sono più importanti rispetto ai loro interessi di ricerca”. Dunque: strumento di sintesi e di memorizzazione.
Che i graphical abstract siano molto diffusi lo si capisce da questo post di un blog collegato a Nature, in cui l’autore, Andrew Sun, se la prende con quella che definisce la loro moda. Sun afferma di preferire i grafici che vanno al sodo senza troppi fronzoli, invece – scrive – quelli che hanno più successo sono “colorati, schematici, addirittura ironici!”. Su questo punto rischia di cadere nella vecchia opposizione tra estetica e funzione, ma non approfondisce, e del resto non è quello il fuoco dell’articolo infatti più avanti colloca gli abstract grafici rispetto agli altri tipi di figure presenti in un articolo scientifico e termina suggerendo una serie di software per realizzarli.
Se Sun critica la loro moda, Mitch André Garcia, in questo post critica la loro assenza nei feed rss delle riviste scientifiche di Nature. Come rimedio suggerisce il link a un aggregatore, ma ho l’impressione che quelli qui presenti non siano abstract grafici ma invece figure che fanno parte dell’articolo.
In effetti, consultando la guida per gli autori e il documento sui criteri editoriali di Scientific Report (su SR vi consiglio questo post), la parte della guida alla preparazione degli articoli di Nature relativa alle “figures” e i suggerimenti per il “final artwork“, non leggo accenni ai graphical abstract, dunque credo che non siano previsti su Nature.
Un post, suggeritomi da Peppe Liperti di Rangle, colloca la questione dei graphical abstract in un quadro più ampio, quello della sperimentazione dei formati editoriali nelle riviste scientifiche. Si fa proprio il caso di Cell, come rivista che cerca di offrire molteplici percorsi di lettura dell’articolo al lettore, scomponendolo in moduli leggibili in modo separato (Introduction, Results, Discussion, etc.). L’autore del post, Zen Faulkes, è critico su questa suddivisione in blocchi che, afferma, rende la lettura dell’articolo molto più faticosa, gli preferisce “the single page approach”, tutto in una pagina, sequenza lineare. Faulkes affronta rapidamente anche la questione dei graphical abstract, affermando che sono adatti per riviste come Cell, che è piena di articoli che raccontano i percorsi delle cellule e le loro trasformazioni, dunque fenomeni facilmente rappresentabili in flowchart, ma non è sicuro che questo tipo di rappresentazione possa funzionare altrove.
È evidente che la questione della sperimentazione editoriale negli articoli scientifici, solo accennata nel post citato, meriterebbe di essere approfondita, penso vada collocata all’interno del rapporto tra standard e nuovi meccanismi di produzione e diffusione della comunicazione scientifica affrontata in questo post di Liberti. Sull’idea per cui i graphical abstract possano andare bene per Cell, ma non per altre riviste, ritengo però che ci sia un fraintendimento. Un conto sono le figure che rappresentano un fenomeno o un protocollo sperimentale, altra cosa è la sintesi visiva della struttura argomentativa di un articolo che è del tutto autonoma dalla disciplina, e ritengo che il graphical abstract sia soprattutto questo.
Il tema dei graphical abstract in questo mio post è appena accennato, molti aspetti restano da approfondire e solo con la cooperazione di esperti di comunicazione scientifica e ricercatori possono essere impostati nel modo corretto, ad esempio:
– il rapporto tra gli abstract grafici e gli altri tipi di figure presenti in un articolo scientifico,
– il loro ruolo: sintetizzare, fungere da promemoria, rendere esplicita la struttura argomentativa di un articolo,
– gli standard per la loro realizzazione,
– le competenze necessarie per realizzarli.
Leonardo Romei
Pingback: Tweets that mention A proposito dei Graphical Abstract | Sinsemia -- Topsy.com
Grazie, spunti davvero interessanti, su un tema stimolante.
Concordo sul fatto che la sintesi visiva della struttura delle argomentazioni possa trovare applicazioni su molte, diverse discipline. Il discrimine è la coerenza tra la struttura del campo di conoscenza e le soluzioni visive adottate. Per alcune discipline, questo mi pare un prato verde su cui iniziare a cimentarsi.
Grazie a te per l’interesse e il commento.
Per alcune discipline potrebbe essere proprio un’occasione per visualizzare la struttura dell’argomentazione in modo indipendente dalla componente stilistica della scrittura.
Sempre che ovviamente l’autore ritenga di doverlo e poterlo fare.
La questione della “struttura del campo di conoscenza” è molto interessante e molto complessa, mi chiedo se la trasformazione in “abstract visivi” sia sempre possibile o se in alcuni casi non si vada ad intaccare proprio il cuore del discorso.
Certamente, questo tema è comune a tutte le metodologie di mapping. Credo, però, che l’evoluzione della tecnologia ci porterà a soluzioni sofisticate e utili, magari anche per implementare abstract con diversi livelli di profondità di lettura, unendo anche questo ai vantaggi della sinossi.
Una bella prospettiva.
Forse già ora con Prezi, in modo rudimentale, grazie alle funzioni di zoom che permettono, appunto, di passare da un livello di profondità all’altro, si potrebbe realizzare qualcosa di simile a quello che indichi.
Sì, si tratta di uno strumento molto interessante, come interessanti sono le applicazioni ipertestuali… insomma, credo ci sia lavoro da fare!
Grazie Leonardo per questa tua interessante sintesi !
Ti suggerisco di consultare l’editoriale “Beyond words: effective graphics and metadata are keys to concise scientific communication” di Geoffrey M. Henebry sulla rivista “Landscape ecology” [DOI: 10.1007/s10980-011-9672-5]. Henebry interviene nel contesto di una riflessione sui modi per incrementare l’efficacia comunicativa delle riviste a fronte dell’autmento enorme del numero di pubblicazioni. I GAs sembrano andare in questa direzione.
Pingback: 100 anni di Chimica Organica | Il chimico impertinente